lunedì 28 marzo 2011

Carlo Alberto Dalla Chiesa (Saluzzo, 27 settembre 1920 – Palermo, 3 settembre 1982) è stato un generale, prefetto e partigiano italiano che si è adoperato nella lotta alla Mafia e per tale missione ha perso la vita.

Figlio di un Carabiniere, entrò nell'Esercito partecipando alla Guerra nel 1941. A causa del suo rifiuto a collaborare nella caccia ai partigiani, viene inserito nella lista nera dai nazisti, ma riesce a fuggire prima che le SS riescano a catturarlo. Dopo l'armistizio entrò nella Resistenza. 

Fu inviato a Roma per seguire gli alleati nel loro ingresso e per provvedere alla sicurezza della Presidenza del Consiglio dei ministri dell'Italia liberata.
Trasferito poi in Campania, si prodigò in operazioni nella lotta al banditismo. 

Mauro De Mauro
Dal 1966 al 1973  iniziò particolari indagini per contrastare Cosa Nostra.
Nel 1970 svolse indagini sulla misteriosa scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, che poco prima aveva contattato il regista Francesco Rosi promettendogli materiale scottante sul caso Mattei. Le indagini furono svolte con ampia collaborazione fra i Carabinieri e la Polizia, sotto la direzione di Boris Giuliano. 
Il metodo nuovo di Dalla Chiesa consiste nell'utilizzo di infiltrati, in grado di fornire elementi utili per creare una mappa del potere di Cosa Nostra, arrivando a conoscere non solo gli elementi di basso livello, ma anche gli intoccabili Boss. 
Buscetta

Il risultato di queste indagini fu il dossier dei 114, nel quale si fecero per la prima volta i nomi di Gerlando Alberti e Tommaso Buscetta come elementi centrali di molti fatti di sangue, oltre che quelli di Luciano Liggio e Michele Greco. Come conseguenza del dossier, scattarono decine di arresti dei boss, e per coloro i quali non sussisteva la possibilità dell'arresto scattò il confino. L'innovazione voluta però da Dalla Chiesa fu quella di non mandare i boss al confino nelle periferie delle grandi città del nord Italia, ma pretese che le destinazioni fossero le isole di Linosa, Asinara e Lampedusa.

Nel 1973 fu promosso al grado di generale di brigata, nel 1974 divenne comandante della regione militare di nord-ovest, con giurisdizione su Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria.
Si trovò cosi a dover combattere il crescente numero di episodi di violenza portati avanti dalle Brigate Rosse, e al loro crescente radicarsi negli ambienti operai. Per fare ciò, utilizza i metodi che già aveva sperimentato in Sicilia, infiltrando alcuni uomini all'interno dei gruppi terroristici al fine di conoscere perfettamente gli schemi di potere del gruppo.

Curcio e Franceschini
Dopo aver selezionato dieci ufficiali dell'arma, Dalla Chiesa creò nel maggio del 1974 una struttura antiterrorismo denominata Nucleo Speciale Antiterrorismo con base a Torino. Il Nucleo riuscì a catturare Renato Curcio e Alberto Franceschini, esponenti di spicco e fondatori delle Brigate Rosse. Nel 1976 venne sciolto a seguito delle critiche ricevute per i metodi utilizzati nell'infiltrazione degli agenti tra i brigatisti e sulla tempistica dell'arresti di Curcio e Franceschini.

Nel 1978  fu nominato Coordinatore delle Forze di Polizia e degli Agenti Informativi per la lotta contro il terrorismo, sorta di reparto operativo speciale alle dirette dipendenze del ministro dell'interno Virginio Rognoni. La concessione di poteri speciali a Dalla Chiesa fu veduta da taluni come pericolosa o impropria (le sinistre estreme la catalogarono come "atto di repressione").
 
Nel 1982 venne promosso Vice Comandante Generale dell'Arma, la massima carica per un Carabiniere.

Nel 1982 fu nominato prefetto di Palermo, nel tentativo di ottenere contro Cosa Nostra gli stessi risultati brillanti ottenuti contro le Brigate Rosse. Dalla Chiesa inizialmente si dimostrò perplesso da tale nomina, ma venne convinto dal ministro Virginio Rognoni, che gli promise poteri fuori dall'ordinario per contrastare la guerra tra le cosche che insanguinava l'isola.
A Palermo, dove arrivò ufficialmente nel maggio del 1982, lamentò più volte la carenza di sostegno da parte dello stato.

In una intervista rilasciata a Giorgio Bocca, il Generale dichiarò ancora una volta la carenza di sostegno e di mezzi, necessari per la lotta alla mafia, che nei suoi piani doveva essere combattuta strada per strada, rendendo palese la massiccia presenza di forze dell'ordine alla criminalità.

Nel giugno del 1982 riuscì a sviluppare, come già aveva fatto in passato, una sorta di mappa dei boss della nuova Mafia, che chiama rapporto dei 162
Ne derivò una lunga serie di arresti, di indagini, anche in collaborazione con la Guardia di Finanza, che ebbero come obiettivo quello di appurare eventuali collusioni tra politica e Cosa Nostra .

Per la prima volta, con una telefonata fatta ai carabinieri di Palermo a fine agosto, Cosa Nostra sembrò annunciare l'attentato al Generale, dichiarando che dopo gli ultimi omicidi di mafia l'operazione Carlo Alberto è quasi conclusa, dico quasi conclusa.


Alle ore 21.15 del 3 settembre del 1982, la A112 bianca sulla quale viaggiava il prefetto, fu affiancata, in via Isidoro Carini, a Palermo, da una BMW dalla quale partirono alcune raffiche di Kalashnikov AK-47 che uccisero il prefetto e la giovane moglie.
Nello stesso momento l'auto con a bordo l'autista e agente di scorta, Domenico Russo, che seguiva la vettura del prefetto, veniva affiancata da una motocicletta dalla quale partì un'altra raffica che uccise Russo.

Per l'omicidio di Dalla Chiesa, della Setti Carraro e di Domenico Russo sono stati condannati all'ergastolo come mandanti i vertici Cosa Nostra: 
Riina e Provenzano
  • Totò Riina
  • Bernardo Provenzano
  • Michele Greco
  • Pippo Calò
  • Bernardo Brusca
  • Nenè Geraci.
Nel 2002, sono stati condannati in primo grado quali esecutori materiali dell'attentato: 
  • Vincenzo Galatolo
  • Antonino Madonia
  • Francesco Paolo Anzelmo
  • Calogero Ganci
Il giorno dei suoi funerali, che si tennero in San Domenico, una grande folla protestò contro le presenze politiche accusandole di averlo lasciato solo. Vi furono attimi di tensione tra la folla e le autorità, sottoposte a lanci di monetine e insulti al limite dell'aggressione fisica. Solo il Presidente della Repubblica Sandro Pertini venne risparmiato dalla contestazione.

1 commento:

  1. ma avete visto la figlia del prefetto cosa va dicendo ora in tv???

    http://www.repubblica.it/cronaca/2011/03/28/news/finta_aquilana-14169510/?ref=HREC1-1

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