mercoledì 25 aprile 2012

Alle fronde dei salici (Quasimodo)



E come potevano noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.


Scritta da Salvatore Quasimodo (1901-1968) durante il periodo della guerra contro i Nazisti. Quasimodo in questa poesia esprime tutto il suo odio verso gli “oppressori” e il sacrificio che fa per voto di non scrivere poesie. Alle fronde infatti sono appese le “cetre” che i poeti hanno messo da parte per quel periodo in modo da chiedere al Signore la grazia di far cessare il supplizio nazista. In questi versi l'autore rievoca i giorni tragici dell'occupazione tedesca in Italia (1943-1945) segnati da violenza, odio, dolore, morte. Quasimodo si riferisce all'eccidio di Marzabotto (29 settembre - 5 ottobre 1944).

In quegli anni, travolto dall'orrore della storia, il poeta non poté far altro che tacere, che votarsi al silenzio. Così come era accaduto agli Ebrei quando, caduti schiavi dei Babilonesi cessarono di cantare le preghiere rituali e appesero i loro strumenti ai rami dei salici in segno di lutto, come si legge nel Salmo 136 (137), al quale la poesia appunto si ispira.

La poesia è suddivisa in due strofe: nella prima il poeta con una domanda retorica sottolinea l'afasia poetica che colpì in quel tragico momento a causa del clima di morte e dolore in cui stavano vivendo; nella seconda, invece, è una dichiarazione che il poeta fa per rispondere alla sua.